
Portbou – Cadaquès a piedi
Due giorni immerso nei quattro elementi
L’Idea
Eccomi con un’altra piccola avventura o meglio un escursione di due giorni. Tutto ha inizio in una biblioteca. Quella della Peu de la creu di Barcellona. E’ affascinante trovare un luogo dove cultura, arte e formazione risiedono in un unico punto. Gratuito per di più. Mai sottovalutare l importanza dei libri e delle biblioteche!
Ma torniamo a noi. La sezione viaggi è quella che mi affascina di più ovviamente. Nonostante sia da poco di ritorno dalla mia esperienza del progetto Bergwald, tuttavia ho ancora voglia di starmene in strada alla scoperta di nuovi posti. Per cui un bel libro sulla Costa Brava a piedi fa proprio al caso mio (Un libro piccolo di escursioni da fare per tutta la Costa Brava della Catalogna).
Non spenderò tutto il tempo a mia disposizione per percorrere l intero tragitto ma ho deciso di percorrerne solo una parte. Ovviamente con il mio zaino in spalla e la macchina fotografica a tracolla. La preparazione necessita solo di pochi controlli. Il mio zaino è già pronto con l essenziale: un sacco a pelo, un amaca, vestiti di ricambio e il necessario per la pioggia. Non mancano batterie cariche e la mia reflex D7500 con due obiettivi.
Il viaggio
Parto con calma la mattina di giovedì 16 prendendo il treno che dal Clot mi porta un due ore circa a Portbou, un piccolo paese vicino al confine Francese. Da qui comincia la mia escursione. Un primo percorso, di circa 13 km, mi porterà fino a Llancà. Prima di intraprendere il cammino, come sempre cerco di acclimatarmi un pò.
Portbou è una piccola cittadina immersa nella vegetazione delle montagne della costa frastagliata. Nascosta in un insenatura e protetta dai capricci del mare. Non sorprende il fatto di sentir parlare più francese che catalano o castigliano. Infatti se invece di scendere verso Llancà optassi per il lato opposto in poco tempo sarei in Francia. Meta di molte famiglie francesi, è un luogo tranquillo con la sua chiesa addossata quasi alla stazione del treno. Mi accingo all’ufficio turistico per mangiarmi un pezzo pizza, preparato l altro giorno. Idratazione e energia a pieno carico. Si parte!
Il tragitto
Con lo zaino in spalla e la borsa per la reflex agganciata al petto, intraprendo il cammino che purtroppo decide già di portarmi in quota per superare uno dei rilievi che chiudono e proteggono il paese. E’ caldo. Ci risiamo, fare escursioni è molto bello però con circa 15 kg di materiale non è semplice. Il passo è più lento e spesso mi fermo per riposare e scattare qualche foto del paesaggio. A volte ci perdiamo un buon paesaggio essendo concentrati solo su ciò che abbiamo davanti. Il panorama, tipico mediterraneo, è brullo, severo con piante, arbusti e qualche pino marittimo.
Arrivando a Coll dels Frares a una quota di 205 metri mi riposo un pò. Dall’altro lato della cima si intravedono le coste frastagliate che scendono al mare. Tutta la costa brava gode di bellissime insenature dove si nascondono, dalle intemperie, spiagge selvagge.
In cima al Colls dels Frares noto un paio di caverne modellate e ristrutturate dall’uomo. Sono bunkers utilizzati durante la guerra civile. Insenature sinistre e oscure utilizzate dall’esercito popolare contro l’azione di repressione franchista. Oggi sono solamente antri dimenticati e imbrattati con bombolette spray.
Si continua il viaggio, poco a poco si inizia la discesa che mi porta fino al paesino di Colera. Nome strano che non ho ancora controllato il motivo e la sua origine di questo nome così sinistro. Seguendo le indicazioni del sentiero GR92 scatto velocemente qualche foto e riprendo la salita per il seguente promontorio. Eh si, la costa brava è così, un continuo sali scendi che nascondono piccoli paesi che al giorno d oggi sono più che altro luoghi di relax per i turisti, un tempo case di pescatori e piccoli porti.
Seguendo il tragitto, fiancheggiando la linea ferroviaria e la strada N206 arrivo fino alla spiaggia di Garbet. Un incantevole insenatura. Esattamente un anno fa venni qua per rilassarmi un paio di giorni. Un relax interrotto dalla notizia dell attentato a Barcellona.
Il mio passo cadenzato calpesta un terrneno roccioso color ocra contrastato da pinete color verde chiaro.
Intervallando piccole pause le mie gambe mi portano finalmente a Llancà. Un altro paese addossato alla costa in un ampia insenatura della costa. Siamo ad Agosto la gente che vedo passare è per la maggior parte in vacanza, proveniente dalla Francia.
Riflessioni
Entro in un supermaket per ricaricarmi di liquidi. La fame può aspettare, anzi non ne ho affatto. Mi disfo delle due bottiglie vuote con due piene, una di acqua e succo insieme a una bella fetta di anguria. Fermandomi in una delle cale che si estendono per la costa mi gusto lo zucchero e il sapore del frutto. Non ho bisogno di nient altro. Acqua, zaino, un telo per distendermi.
E’ forte il contrasto che creo al entrare in spiaggia e vedere famiglie intere con i loro cani, ombrelloni, il frigo portatile, i gonfiabili presi dalle auto. Sudare per gonfiarne uno, avere con se la propria birra di casa. Siamo ad Agosto il tanto agognato mese per le meritate ferie. Città come Llancà e Portbou hanno perso il loro fascino di piccolo centro con le sue tipiche barche di pescatori.
Il tempo passa, i piedi ringraziano per la sosta e mentre si asciugano dal sudore mi rendo conto che il sole inizia la sua discesa.
Che fare? Dormire in città richiede denaro e a questo periodo diciamo che è impossibile o per lo meno fin troppo caro.
Si riparte
In pochi minuti ricompongo lo zaino, scarpe ai piedi, riparto superando Llancà in cerca di un posto dove poter appollaiarmi e stendermi per la notte.
Le pinete sono invitanti ma evito quelle affacciate al mare. Non mi spaventa la natura, ma l uomo. Non si sa mai chi puoi incontrare la notte. Scegliere un posto dove nessuno andrebbe è un po la tecnica che uso per dormire almeno con un occhio solo.
Contino in direzione El Port de la selva. Il libro mi consiglia un percorso che si addentra nei monti fino a quota 670 mt. Non ce la faccio. Sono stanco. Sudore, calore e peso mi tengono intrappolato alla costa.
La sera
La chiamano l’ansia dell imbrunire. Per me questo è il momento peggiore, soprattutto guardando le strade e le case. Le prime si svuotano con echi e richiami sempre più tenui, le case al contrario si accendono. Odore di grigliate, una donna che stende i panni, le luci accese nei salotti. Un atmosfera che pare già voglia chiudere gli occhi, mentre il sole lascia spazio a tonalità azzurre e violacee. Tecnicamente sono solo. Non ho un luogo dove andare per rincuorarmi e mi sento uno straniero. Pochi sguardi curiosi mi accompagnano nel sentiero che imbrunisce i suoi colori. E’ ora di cercare veramente un posto dove sostare, un bivacco per la notte.
Lascio il sentiero e costeggio pericolosamente la strada in cerca di un angolo verde nascosto da tutti e tranquillo.
Finalmente trovo ciò che fa per me. In una curva della strada una pineta, con arbusti di media altezza, fa al caso mio. Aspetto il momento appropriato e mi addentro con un salto accompagnato dal rumore di frasche e rami che si spezzano e che si piegano. Nonostante l ora riesco a intravedere un piccolo sentiero, chissà forse utilizzato da qualche animale. Ancora qualche metro e mi trovo alla base di un pino con un decente spazio per stendermi.
Bivacco
La pendenza mi preoccupa un po’. E’ tipico quando dormi e non hai un suolo perfettamente piano. La prima ora dormi bene dovuto alla stanchezza poi il tuo corpo nota le imperfezioni. Un sassolino a destra, il corpo che scende un pò lateralmente per il declivio, stanotte va così. Improvvisare e adattarsi.
Il rumore delle macchine che tornano a casa mi accompagna mentre sistemo il bivacco e preparo lo zaino. Tutto a portata di mano.
Passa un’oretta mi addormento fiducioso della mia scelta. Le auto se ne vanno seguendo il loro stesso rumore, silenzio. Anzi no. Pur essendo distante riesco a sentire lo sciabordare delle onde che si addossano alla costa se pur distante. Un rumore che mi culla unito alla fioca luce in lontananza di El Port de la selva. Dall’altra parte una fioca luna a Ovest segue silenziosa il suo percorso millenario.
La notte scorre tranquilla ma mi sveglio diverse volte per risistemare il bivacco. La pendenza mi fa rotolare lentamente, cambio posizione ma dopo poco scivolo lo stesso. E’ un continuo svegliarsi, aggiustarsi e lasciarsi vincere del sonno.
Alba
Quando la stanchezza se ne va e lascia posto alla veglia mi rendo conto che sono 6:30. Basta, inutile continuare a dormire o tentare di farlo. E’ l ora di alzarsi e godere dell alba! Con calma rifaccio lo zaino, tutto pronto per riprendere un ulteriore giornata. Sono sveglio, sono intero e il giorno è appena iniziato! Che luce sia!
Dalla depressione dell imbrunire vengo avvolto da una sensazione positiva e di buon passo ne vado in spiaggia.
I colori ad est indicano che il sole sorgerà dal mare. Ma non capisco bene se l astro sarà coperto da nuvole o sarà un alba chiara, pura.
Torno per un po’ sui miei passi in cerca di un ingresso per il sentiero che costeggia il mare. Eccolo! C’è anche un piccolo faro! Mi affretto, la luce si fa sempre più chiara. Solamente io e una famiglia che, arrivata in auto, si appresta a godere dello spettacolo.
Rapido appoggio lo zaino e apro la borsa con la reflex. Non ho il treppiede (dimenticato a casa) ma alcuni paletti di legno mi aiuteranno a mantenere la macchina stabile durante esposizioni lunghe. Con il passare dei minuti la luce si fa via via più intensa fino a che all’orizzonte sbuca una piccola luce rossa. E’ il sole! Nessuna nube ne umidità a coprirne il suo risveglio. E’ fantastico! Si nota con chiarezza il suo movimento ascendente apparente. La palla si fa sempre più grande e di un rosso intenso che piano piano passa dall’arancione al giallo oro. Impossibile continuare a fissarlo, lascio che sia la reflex a farlo per me.
Al lato opposto le montagne, il faro e il paese che dorme inizia a colorarsi di sfumature chiare e rosate. Il blu lascia spazio a colori più caldi. Scatto foto da entrambe i lati. Lo spettacolo è sempre unico ed emozionante. Anche la famiglia percepisce la bellezza della natura e del nuovo giorno.
Finita la parte fotografica mi rilasso un po’, ho un po di succo e dei biscotti al cioccolato. Colazione in terrazza con vista sul mare. Che vuoi di più dopo una notte selvatica?
Sant Pere de Rodes
Passano i minuti e mentre mi rifocillo di energia piano piano iniziano ad apparire persone che iniziano la giornata correndo. Chi corre di qua chi fa jogging di la. Ma dove andate tutti di fretta questa mattina?
Prendendo esempio da loro mi avvio anche io.
Questa mattina si fa tappa a Sant Pere de Rodes. Un antico monastero fortezza benedettino, appollaiato in alto al bordo del monte dove risiede sul picco il castello di San Salvador de Verdera a 670 mt.
Sono passate da poco le sette inizio la salita di circa due ore. I rovi con le loro more mi accompagnano concedendomi piccole dosi di zucchero e buon umore. Il sentiero si addentra in un insenatura montuosa, facendo scomparire dalla vista il monastero. Passando per il paese omonimo, si inizia a salire sul serio e poco a poco al mio lato sinistro in alto inizia a riapparire la struttura di oltre 1000 anni dominata solo dal castello in rovina.
Nonostante sia mattina, il sole non perdona e nemmeno lo zaino. Sono un bagno di sudore. Decido di fare una piccola pausa e cambiare maglia. Avendone un paio di scorta posso permettermi di cambiarla lasciando sempre una di riserva per evenienze o un ulteriore notte. Dormire sempre con cose asciutte, di giorno non importa che il vestiario sia sporco o sudato.
Mentre godo di un pò d’ombra, al lato di un sasso bello grosso, sento arrivare cadenzato l’ansimare una persona. Un altro che corre. Qua è proprio una mania!
Passa rapido alla mia destra e per i successivi 5 minuti sento il suo respiro perdersi per la montagna. Riprendo la marcia per l ultimo tratto, ci siamo!
Dopo unpaio di salite e curve a gomito ecco che mi appare la costruzione in tutta la sua forza e austerità. E’ impressionante come l’uomo possa aver costruito una tale meraviglia in cima al monte, per non parlare del castello ancora più in alto!
Mancano 20 minuti alle dieci, l edificio è ancora chiuso. Arrivando alla sua entrata scopro una vecchia fonte. Di acqua ne esce poca e oltretutto un cartello indica acqua non potabile. Poco importa, ho bisogno di liquidi e non mi piace l idea di pagare 2 euro per una bottiglietta d acqua da mezzo litro. Il marketing è arrivato fin qua. Prendo i miei rischi.
El port de la selva
Il monastero un tempo in rovina è ristrutturato ad hoc e le sue due torri dominano il panorama che si estende scendendo verso il mare. Ci sarebbe da salire un pò di più per vedere le rovine del castello ma questa volta desisto. Mi rilasso un pò, contemplo la visuale e decido di scendere nuovamente. Consultando il libro e alcune mappe, che avevo fotografato in precedenza, scelgo il sentiero che scende al paese Selva del mar, addentrato un pò più all’interno. La discesa è impervia, rocce, sassi e scaloni di pietra rendono faticoso il tragitto. Sopratutto per ginocchia e piedi.
Con i piedi dolenti, passo il centro abitato e arrivo a El Port de la selva. Qui mi attende un altro tipico paesaggio turistico, barche, auto, gente a passeggio e wind surf. Qua l elemento dominante oggi è il vento. Seguendo una via arrivo a un supermarket. Rifornendomi di liquidi e questa volta anche di carboidrati mi accingo alla spiaggia. Un buon spuntino e relax, pettinato da un vento che elude il calore del sole e sospinge i surf.
Piccola sosta
Mi addormento soddisfatto del tragitto percorso. Apro gli occhi meno stanco e un pò ringiovanito. Raccolgo le mie poche cose e mi dirigo verso la strada che porta a Cadaquès, la mia ultima meta. Sono stanco e nonostante adoro fare trekking ho bisogno di una doccia e un letto decente.
Mi aspettano altri 13 km da fare a piedi e all’orizzonte, trasportate dal vento, arrivano nuvole sempre più dense. Durante la camminata passano poche auto, l’orario è quello del pranzo e sono tutti in spiaggia o a casa. Io no. Un solitario passo solca l’asfalto osservando le pinete e le creste di questi rilievi brulli.
Annoiato decido di seguire il letto del fiume asciutto che costeggia la strada.
Bad decision! Come si direbbe. In apparenza libero da arbusti il letto si rivela un intricato labirinto di cactus, piante con spine e arbusti. A fatica mi dimeno cercando di riprendere la strada che scorre più in alto. Ma dov’è?
Senza farmi prendere dal panico osservo.
Alcuni cavi elettrici e sopratutto il rumore di qualche auto che mi indica dove poter accedere nuovamente alla lingua d asfalto.
Poco a poco riesco a intravedere un tratto facilmente raggiungibile. Con qualche spina di troppo mi rimetto in carreggiata. Mai più!
Nelfrattempo il cielo s’è tinto di un intenso grigio bluastro. La densità delle nuvole mi proteggono dalla calura del sole. Le quali però mi avvisano di un altro problema. In lontananza noto scendere fulmini. Sta arrivando un temporale!
Non siamo molto in alto però i lampi si fanno sempre più vicini e i tuoni mi aiutano ad accelerare un il passo ma non a sufficienza.
Cadaquès
Nonostante la strada sia comoda arrivo al bivio che porta a Cadaquès con sopra la mia testa il temporale. Fortunatamente ha smesso di tuonare e in fin dei conti un po di pioggia era l elemento che mi mancava unita alla terra rocciosa, gli spazi aperti e il fuoco cocente del sole. Mentre scendo cautamente per Cadaquès un serpente di auto segue il senso contrario. Stanno tutti scappando dal paese visto il tempo. Una leggera pioggia, ma insistente, mi accompagna fino in centro. Ironicamente appena arrivo il tempo migliora lasciando il porto meno affollato e più vivibile.
Cadaquès è il piccolo paese famoso per essere visitato spesso da Dalì. Il quale prese poi casa a Portlligat. Il tempo sembra non aver intaccare la zona. Un aurea di serenità e calma regnano. Mi stendo con calma a godermi il paesaggio da cartolina. Barche di pescatori, bambini che giocano in riva e la natura che chiude a lati questo antro nascosto.
Mi rimane ancora un pò di tempo per scattare qualche foto prima di avviarmi alla stazione degli autobus che mi riporterà alla frenetica città di Barcellona. Godo di qualche momento extra di tranquillità prima di salire sul bus.
In partenza alle sette e mezza arriverò a casa dopo circa tre ore. Giusto il tempo per riposare e ripensare al trekking appena completato. Non ho scalato l’Everest ne vissuto in un isola deserta per una settimana. Ma lo so già che da qui in avanti in questi giorni ripenserò a queste due giornate passate in strada, osservando e imparando sempre qualcosa.
Casa
Le case da bianche e affacciate sul mare tornano ad essere di colori più pesanti e un po soffocanti. L’ascensore si apre, la chiave gira. Si riapre la porta di casa. Non ho molto da pensare ora. Solo un meritato riposo unito a soddisfazione.
E la prossima avventura? Quando e dove?
Marco Pachiega